Uno dei problemi centrali affrontati da Michela Deni nella sua riflessione sulla semiotica degli oggetti riguarda la questione dell’identità: che cosa rende un oggetto “lo stesso” di un altro? In che senso possiamo parlare di identità tra prodotti seriali che, pur essendo realizzati in milioni di esemplari, conservano un’apparente coerenza formale e funzionale?
L’interrogativo assume un rilievo particolare nel contesto della produzione industriale, dove l’oggetto è sempre inserito in una logica di moltiplicazione. Deni riprende qui la lezione di Luis Jorge Prieto, che ha sottolineato come la nozione di identità non sia un fatto naturale, ma una costruzione fondata su criteri di pertinenza. In altre parole, l’identità non è mai assoluta, bensì relativa: un oggetto è considerato “identico” a un altro in funzione degli aspetti che si scelgono come rilevanti.
Questo comporta che l’identità è sempre codificata, costruita all’interno di una competenza sociale e culturale. Un oggetto è riconosciuto come “quello” perché rientra in una classe di oggetti i cui tratti sono stati resi pertinenti da un sistema di conoscenze condivise. Se cambia il sistema di pertinenza, cambia anche la percezione dell’identità.
Nel caso degli oggetti seriali, tale identità non deriva dalla singolarità fisica, ma da una serie di tratti ripetuti e riconoscibili, organizzati secondo un codice. Ogni oggetto prodotto industrialmente non è un originale in senso classico, ma una copia conforme a un modello, il cui valore non risiede nell’unicità, bensì nella coerenza funzionale e simbolica.
Deni sottolinea che questa forma di identità ha conseguenze epistemologiche precise per la semiotica: l’analisi dell’oggetto non può limitarsi alla sua forma fenomenica, ma deve risalire alle regole di codifica che lo rendono identificabile come parte di un insieme. In questo senso, l’oggetto è sempre una costruzione differenziale, definita non solo da ciò che è, ma da ciò che non è.
La questione dell’identità, quindi, rimanda a quella della differenza: solo in un sistema di differenze pertinenti l’identità può essere riconosciuta. È il principio strutturalista per cui non esistono entità isolabili in sé, ma solo unità definibili all’interno di un sistema di opposizioni.
Per la semiotica dell’oggetto, ciò significa che l’identità non può essere pensata come una proprietà stabile, ma come una configurazione relazionale che cambia in funzione dei contesti, delle pratiche e dei codici interpretativi.
Riferimento bibliografico: Michela Deni. Contributions à l’histoire et à la théorie sémiotique du design et du projet : De l’analyse à l’approche prévisionnelle. Sciences de l’information et de la communication. Université de Nîmes, 2015.