Francesco Galofaro affronta una delle trasformazioni teoriche più significative introdotte da Louis Hjelmslev nella teoria del linguaggio: la ridefinizione delle nozioni di forma, sostanza e materia. Nel confronto con Saussure, Hjelmslev rigetta la visione per cui la sostanza del contenuto sarebbe una nebulosa psicologica o prelinguistica, affermando invece che la sostanza è sempre il risultato di una forma applicata a una materia.
In questo schema, la materia non è una realtà preesistente né psicologica, bensì una pura possibilità di forma: una categoria teorica, non ontologica. La sostanza risulta allora dalla compenetrazione tra forma e materia, ed è interna al sistema semiotico. La linguistica glossematica, secondo Galofaro, si libera così di ogni ipotesi metafisica sul pensiero o sulla realtà: non ha bisogno di postulare né l’esistenza di un contenuto pensato né di un referente. La linguistica descrive forme, non concetti.
Questa posizione comporta una serie di conseguenze radicali. Anzitutto, il pensiero non precede la lingua, come invece accadeva nella prospettiva saussuriana o in quella kantiana. Per Hjelmslev, ciò che chiamiamo “pensiero” è a sua volta forma, e come tale può essere descritto solo nei termini di un sistema semiotico. Secondo Galofaro, è su questa base che Hjelmslev elabora una grammatica generale costruita a priori, come sistema formalizzato, deduttivo e coerente.
Inoltre, Hjelmslev respinge la distinzione tra linguaggio-oggetto e metalinguaggio come distinzione di natura. Il metalinguaggio non è un altro linguaggio, ma una funzione logica sul linguaggio-oggetto. Galofaro riprende qui un passaggio centrale: “una semiotica che costituisce un piano di un’altra semiotica si chiama semiotica-oggetto”. Questo significa che non vi è una differenza sostanziale tra piani, ma solo una distinzione operativa. Il metalinguaggio può anche coincidere con il linguaggio-oggetto, e ogni analisi dipende dalla posizione dell’analista.
Galofaro sottolinea che questa concezione formale e non sostanzialista porta a una visione nominalista della teoria: la materia è sempre materia formata da un altro punto di vista. La materia dell’espressione, ad esempio, è forma per la fisica o la fisiologia; quella del contenuto è forma per la psicologia o l’antropologia. Di conseguenza, la distinzione tra piani è una scelta analitica, non un dato oggettivo. L’interesse della glossematica non è quello di stabilire ontologie, ma di costruire sistemi coerenti.
Nella teoria hjelmsleviana, ogni sistema è interpretabile, non necessariamente interpretato. Questo consente alla linguistica di occuparsi di sistemi formalizzabili, anche se non realizzati empiricamente. L’interpretabilità diventa la condizione sufficiente per definire un oggetto come semiotico. Come mostra Galofaro, questo consente di descrivere le lingue come sistemi in cui la forma dell’espressione è distinta dalla forma del contenuto, e che proprio per questo sono dotati di senso.
Infine, Galofaro osserva che per Hjelmslev i testi sono tutto ciò che abbiamo: non esistono i piani in quanto entità autonome, ma si costituiscono nell’analisi. Un piano è tale quando l’analista vi isola una serie di elementi dello stesso rango. La glossematica, in questo senso, si fonda su un principio epistemologico forte, che impedisce di fare ipotesi sostanzialiste o intuitive sul linguaggio. È una teoria costruita su schemi, funzioni, dipendenze e opposizioni, non su concetti estratti dall’esperienza.
Questa visione porta anche a una posizione originale nella storia della linguistica: mentre molti modelli si basano sulla dicotomia forma/contenuto, Hjelmslev propone una dialettica tra due forme. È questa l’eredità più profonda del suo lavoro, e ciò che consente alla linguistica teorica di non dipendere da premesse ontologiche. Galofaro mostra come, attraverso questa ridefinizione teorica, Hjelmslev abbia tracciato un percorso alternativo sia alla semiologia saussuriana sia alle logiche simboliche di matrice tarskiana, ponendo la lingua al centro della riflessione epistemologica.
Riferimento bibliografico: Francesco Galofaro, METASEMIOTICHE. Una ricognizione epistemologica