Alessandro Zinna propone una riformulazione complessiva del campo di studi sulla significazione degli oggetti, indicando le condizioni necessarie per costruire una semiotica pienamente adeguata alla loro eterogeneità. L’interrogativo che dà il titolo al contributo – “A che punto siamo con la semiotica dell’oggetto?” – riceve così una risposta articolata in cinque orientamenti fondamentali.
Anzitutto, è necessario ripensare il rapporto tra oggetti e linguaggio. Da una parte, gli oggetti si avvicinano sempre più alla sfera comunicativa, grazie a interfacce, segnali e codici visivi; dall’altra, il linguaggio verbale assume forme operative, come accade negli ipertesti o nei comandi vocali. La distinzione tra fare e dire si indebolisce, lasciando spazio a fenomeni di contaminazione strutturale. Gli oggetti scrivono, il linguaggio agisce.
In secondo luogo, Zinna sostiene la necessità di sviluppare semiotiche settoriali, specifiche per ogni classe di oggetti: alimenti, vestiti, strumenti, supporti dell’iscrizione, farmaci, apparecchi tecnologici, oggetti rituali. Ogni categoria richiede strumenti analitici propri, perché le modalità di significazione variano profondamente in base alla natura e alla funzione dell’oggetto.
Il terzo orientamento riguarda la distinzione tra sincronia e diacronia. Ogni oggetto è una risposta a un problema pratico formulato in un momento storico e in un determinato stadio dello sviluppo tecnico. Le modalità di significazione legate, ad esempio, a oggetti meccanici, non possono essere applicate senza riserve a oggetti elettronici. L’analisi deve quindi tener conto della storia, dell’evoluzione tecnica e del contesto culturale.
Il quarto punto consiste nell’esigenza di dotare ogni sotto-dominio di categorie descrittive specifiche, senza rinunciare, tuttavia, alla ricerca di categorie più generali, applicabili a più generi di oggetti. In questo caso, si tratta di categorie pancroniche, che valgono al di là delle singole epoche e culture.
Infine, l’analisi degli oggetti deve riconoscere che essi esistono tra due orizzonti di senso: quello che precede la loro produzione (il progetto, l’intenzionalità del designer) e quello della loro pratica (l’uso, la manipolazione, la ricezione). L’oggetto è quindi inscritto in un momento produttivo e in un momento interpretativo, entrambi decisivi. Si tratta di pratiche concrete – culinarie, vestimentarie, rituali, tecniche – che conferiscono agli oggetti la loro piena intelligibilità culturale.
In conclusione, Zinna afferma che la semiotica delle culture costituisce lo sfondo imprescindibile per ogni semiotica degli oggetti. È nella cultura che gli oggetti assumono senso, attraverso le modalità della loro produzione, disposizione, riproduzione e uso. Anche nella globalizzazione materiale, ogni cultura interpreta, adatta, integra: produce senso appropriando.
Riferimento bibliografico: Alessandro Zinna, À quel point en sommes-nous avec la sémiotique de l’objet?, in Objets & communication, MEI n°30-31, L’Harmattan.