Una semiotica dell’intelligenza artificiale, sostiene Massimo Leone, dovrebbe innanzitutto concentrarsi sullo studio degli artefatti simulativi, ovvero su quei dispositivi inorganici e non umani che riproducono i comportamenti intelligenti dell’uomo. Questa simulazione può avvenire su due piani: quello dell’espressione e quello del contenuto.
A livello di espressione, l’attenzione si volge verso la riproduzione dei segni associati all’intelligenza umana, in particolare quelli veicolati dal corpo e dal linguaggio. Leone richiama l’esempio del robot Gaze, finanziato dalla Disney, capace di emulare espressioni facciali umane e di interagire “faccia a faccia” con un interlocutore. In questi casi, la materia inorganica viene organizzata per trasmettere un’impressione di comprensione: «Le espressioni facciali non sono solo cognitive, ma molte sono essenziali per comunicare la reciproca intelligibilità».
Linguaggio e intelligenza sono strettamente intrecciati nella percezione comune. Il dominio verbale diventa allora un terreno privilegiato per la simulazione: attraverso una padronanza sintattica, l’intelligenza artificiale può imitare il linguaggio umano, come accade con gli assistenti vocali Siri o Alexa. Leone osserva che «il nome stesso, “speaker”, rivela che la tendenza ad attribuire comportamenti intelligenti umani ai dispositivi è antica», e nota come la differenza tra un altoparlante tradizionale e uno dotato di IA consista nella possibilità, anche solo apparente, di un’interazione.
Tuttavia, la simulazione dell’intelligenza non si limita alla sola dimensione verbale. Anche la voce umana e l’estetica del volto svolgono un ruolo decisivo. Il progetto europeo FACETS, coordinato dallo stesso Leone, studia proprio la centralità del volto digitale come «dispositivo espressivo primario dell’intelligenza umana». La simulazione della pragmaticità intelligente — che implica un agire comunicativo complesso — richiede una corrispondente simulazione dell’estetica intelligente. In questo quadro si inserisce anche la riflessione sulla uncanny valley, ovvero la resistenza percettiva che nasce di fronte a volti artificiali troppo realistici ma ancora imperfetti.
Leone sottolinea come l’industria dei videogiochi sia all’avanguardia in questo ambito. Il software MetaHuman, sviluppato da Epic Games, consente di generare volti digitali fotorealistici direttamente nel browser. Ma si va oltre: in prospettiva, la generazione di volti sintetici potrebbe integrarsi con quella di volti biologici, attraverso tecnologie come il bioprinting 3D e l’ingegneria genetica potenziata da IA.
La semiotica è dunque chiamata a studiare questa nuova retorica dell’intelligenza artificiale: «i segni espressivi che simulano un comportamento o un dispositivo d’intelligenza», nella loro dimensione tecnologica, estetica e culturale.
Riferimento bibliografico: Massimo Leone, I compiti principali di una semiotica dell’intelligenza artificiale, 2022.