Nell’analisi della genesi del senso, Brandt individua tre registri fondamentali, o “proto-sémiotiques”, ciascuno dei quali corrisponde a un tipo di operazione cognitiva primaria: l’iconico, il causale (o indiciale), e il simbolico. Queste tre modalità non sono semplici gradi di astrazione, ma funzioni cognitive distinte, differenti sia sul piano neurale che su quello fenomenale, e danno luogo a rappresentazioni dotate di statuti ontologici specifici.
Il primo registro è quello iconico, in cui il senso nasce da una continuità visiva immaginata. Quando percepiamo un frammento del reale, completiamo automaticamente l’esperienza sensoriale con l’ipotesi di un contesto coerente. È un’operazione quasi automatica e immediata, attraverso la quale costruiamo una “visione” che non è tutta presente nella percezione, ma già partecipa dell’immaginario. In questo senso, afferma Brandt, «le fait de voir relève déjà de l’imaginaire».
Il secondo registro è quello causale, che entra in gioco quando l’esperienza iconica fallisce, ovvero quando incontriamo una discontinuità che interrompe il flusso percettivo. Di fronte a un evento non interpretabile immediatamente, ricorriamo a una spiegazione causale: immaginiamo forze, agenti, processi sottostanti che giustifichino ciò che vediamo. È un’operazione più lenta e riflessiva. Nella terminologia peirciana, questa modalità è definita indiciale: ciò che appare anomalo viene interpretato come indice di un processo causale non visibile.
Il terzo registro è quello simbolico, associato ai comportamenti espressivi, ai gesti che indirizziamo agli altri. Quando ci esprimiamo, non solo segnaliamo un contenuto, ma invitiamo l’altro a partecipare, a interpretare la nostra espressione come manifestazione di un’attività mentale intenzionale. Il simbolico, in questo quadro, si costituisce come senso performativo: «il compte, il vaut, ce sens, et il faut le prendre en compte, ici et maintenant». Non è né vero né falso, ma vale per chi lo riceve.
Il simbolico, dunque, non si limita a rappresentare, ma istruisce: produce effetti in un hic et nunc condiviso. Il gesto del direttore d’orchestra ne è l’esempio: un’istruzione simbolica rivolta agli altri, che crea senso nella relazione. Brandt sottolinea che questo uso del termine symbolique è specifico e va distinto da altri impieghi, come quello peirciano (dove il simbolo è segno che rinvia al suo oggetto per convenzione, abitudine o legge) o quello della psicoanalisi strutturale (dove indica un ordine dell’inconscio). Qui, il simbolico è ciò che “significa” le intenzioni di un soggetto per un altro soggetto.
In conclusione, i tre registri proto-semiotici – iconico, causale, simbolico – non si lasciano ridurre a una teoria unitaria del segno. L’idea stessa di “segno”, con un piano d’espressione e uno di contenuto, non basta a spiegare la complessità dei modi in cui il senso prende forma nell’esperienza. Occorre piuttosto comprendere come un atto espressivo possa divenire contenuto epistemico: un passaggio che non si realizza automaticamente e che richiede un’intera architettura semiotica.
Fonte: Per Aage Brandt, Sens et modalité – dans la perspective d’une sémiotique cognitive, in «Actes Sémiotiques», n. 117, 2014.