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Semiotica

Dalla scienza dei segni alla semiotica del testo. Il campo semiotico e le teorie della significazione

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Testo o modello? La doppia natura del testo nella semiotica

Posted on 7 Giugno 2025 by semiotica.org

Nel terzo paragrafo di L’invenzione del testo. Appunti per una ricerca, Gianfranco Marrone affronta la questione della doppia natura del testo all’interno della pratica semiotica, proponendo una riflessione sui significati contrastanti attribuiti alla nozione di testo.

Egli nota come per alcuni studiosi il testo si configuri come «un oggetto, un libro, una cosa, un dato empirico: un’“opera” – allografica o autografica che sia – riconosciuta come unitaria in una cultura data, la quale possiede un autore e un lettore, un contesto di produzione e un altro di ricezione» (p. 239). Secondo Marrone, la semiotica, in questo approccio, «deve essere analizzata nella sua immanenza semiolinguistica, nella sua coerenza, nelle sue architetture, nei suoi livelli di pertinenza semantica, nelle sue procedure di trasformazione; lavorata insomma solo ed esclusivamente al suo interno» (p. 239). Questo approccio deriva da una chiusura preventiva dell’universo linguistico, concetto che Marrone riconduce alla «clôture che valeva piuttosto come specificazione del tout se tient saussuriano» (p. 240). Marrone osserva inoltre che tale prospettiva esclude programmaticamente ogni influenza esterna – sociale, psicologica, economica – sulla struttura interna del testo (p. 240). Da qui deriva la celebre espressione di Barthes e Foucault — «la morte dell’autore» — che Marrone definisce come «sintesi elegante di un lungo, intenso lavoro che va dai formalisti russi ai new critics americani e agli strutturalisti francesi, alla narratologia e infine al Maupassant di Greimas» (p. 240). Marrone ricorda inoltre come per Ricoeur questa prospettiva rappresenti una dimostrazione dei «formidabili effetti ermeneutici dell’analisi semiotica immanente di un testo letterario» (p. 240).

Tuttavia, Marrone rileva che «la scienza della significazione ha progressivamente allargato questa nozione di testo, e l’ha utilizzata per studiare, e analizzare, non solo oggetti semiotici che fanno uso di sostanze espressive non verbali, ma anche fenomeni culturali molto diversi» (p. 240). A suo avviso, tali fenomeni presentano «le stesse proprietà fondamentali di un libro-testo — multiplanarità, coerenza, chiusura, stratificazione dei livelli, processualità interna etc. — senza comunque averne l’evidenza» (p. 240). Marrone osserva che, secondo la semiotica del testo, «trasmissioni televisive, annunci e spot pubblicitari, film, oggetti tecnologici, ma anche conversazioni orali, strategie militari o di marketing, stazioni della metropolitana, edifici, intere città» (p. 240) non sono testi dal punto di vista empirico, ma «vanno comunque studiati dal punto di vista metodologico come se lo fossero» (p. 240).

In questo secondo caso, dunque, «il testo non è più una cosa, un oggetto empirico, ma un modello teorico usato come strumento di descrizione» (p. 240). Marrone precisa che questo modello teorico «ricostruisce i dispositivi formali più o meno “profondi” di tutti gli oggetti di conoscenza della scienza della significazione» (p. 240). Egli ricorda come la nozione di narratività sia stata progressivamente allargata per «spiegare discorsi apparentemente non narrativi (pubblicitari, politici, giornalistici, filosofici etc.)» (p. 240). Allo stesso modo, la nozione di testo — o meglio di testualità — «è stata costruita a partire da testi “propriamente detti” (romanzi, poesie, quadri, fotografie…)» per «ricostruire l’articolazione significativa di manifestazioni semiotiche apparentemente non testuali» (p. 240).

Marrone conclude affermando che «il testo così inteso è per la semiotica il modello formale per la spiegazione — e, forse, la comprensione — di tutti i fenomeni umani e sociali, culturali e storici» (p. 240). È in questa prospettiva che Greimas, come ricorda Marrone, amava ripetere il celebre slogan «hors du texte pas de salut» (p. 240). Marrone sottolinea che molti semiologi continuano a usare il termine «testo» per indicare l’oggetto specifico dei loro studi. Così, «Barthes ha potuto parlare del testo come “prospettiva di citazioni”; Eco s’è posto il problema dei limiti testuali come limiti per l’interpretazione; e Lotman ha parlato indifferentemente di “testo poetico” e di “testo della cultura” per sottolineare la loro comune strutturazione interna» (p. 240).


Riferimento bibliografico: Gianfranco Marrone, L’invenzione del testo. Appunti per una ricerca, in Versus, 103-105, 2008.


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