Una delle tesi centrali di Umberto Eco riguarda la natura del significato come prodotto dell’attualizzazione testuale: le parole non possiedono un senso assoluto, ma lo acquisiscono attraverso l’inserzione in co-testi e circostanze specifiche. La semantica testuale di seconda generazione si sviluppa proprio a partire da questa constatazione, rifiutando ogni approccio lessicalistico che isoli il significato dal suo uso concreto.
A supporto della sua argomentazione, Eco riprende un esempio già discusso nel Trattato di semiotica generale. Si tratta delle due espressioni:
- Dovremmo riportare Pierino allo zoo.
- Dovremmo riportare il leone allo zoo.
Formalmente simili, le due frasi producono effetti semantici molto diversi. Nella prima, il destinatario può cogliere un’intenzione affettuosa, pedagogica o ironica. Nella seconda, si insinua la possibilità di un pericolo, di un dovere urgente e serio. Eco osserva che “solo una inserzione co-testuale di ciascuna espressione può consentire al destinatario una decisione interpretativa definitiva”.
Ciò non significa che il parlante non sia in grado di inferire nulla da un’enunciazione decontestualizzata. Al contrario, secondo Eco, il parlante nativo possiede “la possibilità di inferire per un’espressione isolata il suo possibile contesto linguistico e le sue possibili circostanze di enunciazione”. È proprio questa competenza enciclopedica, costruita su base culturale e sociale, a permettere una forma di pre-interpretazione.
Eco introduce quindi la nozione di significato virtuale, ovvero la riserva semantica che una parola o un enunciato porta con sé anche in assenza di un co-testo esplicito. Questo significato virtuale non è autonomo, ma “permette al parlante di indovinare il suo contesto”. Da qui il passaggio da una semantica in forma di dizionario a una semantica in forma di enciclopedia, capace di includere la conoscenza di mondo e le regole di uso culturale.
Un esempio emblematico è il lessema “leone”. Eco descrive come il significato del termine cambi a seconda del co-testo:
- Se co-occorre con parole come “giungla” o “Africa”, connota “libertà”, “ferocia”, “selvaggio”.
- Se si parla di “circo”, il leone connota “ammaestramento” o “abilità”.
- Se è inserito in un co-testo che menziona lo “zoo”, connota “prigionia”, “ingabbiamento”.
Queste diverse attualizzazioni sono previste da una rappresentazione enciclopedica, la quale non solo tiene conto delle selezioni contestuali, ma anche di quelle circostanziali. Lo stesso enunciato “Dovremmo riportare il leone allo zoo” viene interpretato dal destinatario sulla base della conoscenza implicita che i leoni non escono volontariamente dallo zoo e che, dunque, la frase sottintende una fuga, un pericolo, un’azione correttiva. Il verbo “riportare” attiva inferenze sulla provenienza del leone, e il termine “zoo” attiva la marca semantica di “cattività”.
In sintesi, il significato delle parole non può essere ridotto a una somma di tratti lessicali codificati. Esso dipende da:
- Il co-testo in cui l’espressione è inserita (la selezione contestuale attualizzata).
- Le circostanze extralinguistiche che ne orientano l’interpretazione (le selezioni circostanziali).
- La competenza enciclopedica del parlante, intesa come sapere culturale condiviso.
Questa prospettiva consente di spiegare perché molte espressioni, pur essendo formalmente equivalenti, producano effetti comunicativi radicalmente diversi. La semiotica testuale di seconda generazione riconosce questa complessità e cerca di rappresentarla in termini sistematici.
Riferimento bibliografico: Umberto Eco, Lector in Fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Milano, Bompiani, 1979.