Nel quadro degli sviluppi più recenti del campo interpretativo, Stefano Traini sceglie di soffermarsi sulla teoria semantica di Patrizia Violi così come formulata nel volume Significato ed esperienza (1997). Benché questa teoria accolga influenze di varia provenienza — dalla linguistica strutturale alla filosofia analitica, dalla psicologia cognitiva alla narratologia generativa —, molti dei suoi presupposti si pongono in linea con la semiotica di Umberto Eco. In particolare, osserva Traini, Violi ribadisce con Eco l’importanza delle conoscenze del mondo, centrali per il passaggio da una semantica dizionariale a una semantica enciclopedica.
Un primo punto di contatto è la concezione delle parole come “dispositivi inferenziali”: in questa prospettiva, l’inferenza e l’interpretazione testuale diventano elementi strutturali della semantica stessa. A differenza dei modelli che cercano di separare nettamente il livello linguistico da quello esperienziale, Violi colloca il senso nel rapporto che instauriamo con la realtà vissuta, facendo della semantica una teoria dell’esperienza significante.
Spostando l’attenzione dalla nozione di enciclopedia a quella di competenza, Violi introduce una distinzione fondamentale tra competenza referenziale e competenza inferenziale, distinzione ripresa e articolata anche da Marconi. La competenza referenziale consiste nella capacità di proiettare le unità lessicali sul mondo, di mappare i termini linguistici sulle entità extralinguistiche. La competenza inferenziale, invece, è definita come la capacità di gestire una rete di connessioni tra parole, che consente parafrasi, definizioni, sostituzioni e recupero lessicale.
Traini riporta diversi esempi clinici e cognitivi, in cui le due competenze possono essere dissociate: vi sono pazienti in grado di descrivere oggetti visti (competenza referenziale) ma incapaci di nominarli (competenza inferenziale) e viceversa. Tuttavia, è anche possibile che i due sistemi cooperino tra loro: la conoscenza delle applicazioni referenziali può rinforzare l’inferenza semantica, e la padronanza delle inferenze può rendere più precisa l’identificazione referenziale.
Secondo Violi, l’importanza della competenza referenziale non è solo di natura sociale (come vorrebbe Marconi), ma fenomenologica: essa dipende dalla centralità esperienziale delle entità nel nostro mondo quotidiano. È l’intensità della nostra interazione con certi oggetti o situazioni a determinarne la salienza semantica. In questo senso, la semantica si costruisce sempre su uno sfondo culturale, corporeo e condiviso, che rende possibile non solo la significazione, ma anche la comunicazione e l’intesa intersoggettiva.
La teoria di Violi si pone dunque in continuità con la semiotica di Eco, nel momento in cui assume l’interpretazione testuale e l’inferenza come principi strutturanti, ma rilancia questi principi nel quadro di una semantica che affonda le sue radici nell’esperienza, nella cultura e nella fenomenologia della nostra interazione con il mondo.
Riferimento bibliografico: Stefano Traini. Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative (Strumenti Bompiani)