Nel suo celebre saggio del 1959, Roman Jakobson individua tre forme fondamentali di traduzione: la traduzione intra-linguistica (o riformulazione), la traduzione inter-linguistica (quella comunemente intesa come passaggio da una lingua a un’altra) e infine la traduzione inter-semiotica (o trasposizione), in cui un contenuto espresso con un sistema linguistico viene trasferito in un sistema non linguistico, come immagini, gesti o suoni musicali.
Questa tripartizione si fonda su una concezione immanente della semantica, in opposizione alla teoria referenzialista di impronta russelliana. Là dove Bertrand Russell affermava che “nessuno può comprendere la parola formaggio se prima non ha un’esperienza non linguistica del formaggio”, Jakobson obiettava: “nessuno ha mai assaggiato né odorato il senso di formaggio o di mela”. Riprendendo Peirce, il linguista russo sostiene infatti che “sia per il linguista, sia per il parlante comune, il senso di una parola altro non è che la trasposizione di esso in un altro segno che può essere sostituito a quella parola”.
Da questa prospettiva, è chiaro che il significato non va cercato in una presunta relazione diretta tra parola e cosa, ma nella rete relazionale che lega i segni tra loro. Il senso emerge dalla possibilità stessa di essere riformulato, tradotto, trasposto: da un sinonimo (“alimento ottenuto con la fermentazione del latte cagliato”), a un termine in un’altra lingua (cheese), fino a un’immagine che rappresenta visivamente un pezzo di formaggio.
Come osserva Marrone, “la questione della traduzione non è circoscrivibile all’interno di una linguistica applicata agli studi letterari, ma è costitutiva di un programma di ricerca semantica a orientamento strutturale e semiotico”. Ogni traduzione è parte di un più ampio processo di articolazione del contenuto, in cui il significato si costruisce nelle relazioni tra i segni, sia all’interno della stessa lingua, sia tra lingue diverse, sia tra sistemi semiotici differenti.
Da questa visione si ricava una lezione fondamentale: occorre spostare il centro dell’indagine dalla relazione tra parole e cose alla relazione tra i segni. È in quest’ottica che la traduzione si configura non come semplice passaggio da una lingua all’altra, ma come dispositivo centrale per una teoria semiotica della significazione.
Riferimento bibliografico: Gianfranco Marrone, Della significazione. Testualità, traduzione, culture, Mimesis, 2024.