Nel quadro teorico proposto da Michela Deni, l’oggetto è considerato un fatto semiotico a pieno titolo, e come tale va descritto, analizzato e interpretato. Ma cosa significa, in termini operativi, assumere l’oggetto come fenomeno significante? La risposta non è né ideologica né metaforica: è metodologica. Secondo Deni, occorre partire da una constatazione fondamentale — «tout objet est pensé, conçu, produit, reçu et utilisé comme une totalité signifiante». L’oggetto è cioè il risultato di un progetto di senso.
Per questo motivo, la semiotica degli oggetti deve abbandonare ogni visione puramente funzionalista o sociologizzante e assumere un punto di vista comunicativo. L’oggetto, nella sua dimensione fenomenica, non è mai neutro, ma partecipa alla costruzione del significato, sia nel momento della progettazione sia in quello della ricezione e dell’uso.
Tale prospettiva implica una serie di conseguenze epistemologiche e operative. In primo luogo, l’oggetto non è solo ciò che appare o ciò che serve, ma ciò che è stato costruito per produrre un effetto di senso. È un’entità strutturata secondo un’intenzione, una strategia, una competenza. È anche un supporto percettivo organizzato, che sollecita interpretazioni a partire da forme, materiali, posture, colori, relazioni d’uso.
La riflessione semiotica, allora, non può limitarsi a una lettura simbolica o culturale degli oggetti: deve descrivere le condizioni di produzione del senso, le strutture significanti incorporate nel progetto, i codici che regolano la ricezione. In questo senso, l’oggetto è trattato come un testo — ma non in senso analogico o retorico. È testuale perché, come un testo verbale o visivo, è costruito attraverso scelte, opposizioni, coerenze interne, figure e sfondi.
Questa concezione si basa su un principio che Deni esplicita chiaramente: «un objet est toujours produit selon un projet». La semiotica degli oggetti deve quindi incrociare l’analisi del progetto e l’analisi del prodotto, ricostruendo le relazioni tra intenzione e forma, tra struttura e significato. L’approccio semiotico non si limita a ciò che l’oggetto è, ma si chiede come funziona, perché è stato fatto così, quali effetti produce nel mondo dei sensi.
Questo spostamento teorico porta con sé anche un mutamento metodologico: non si tratta più di decodificare un senso latente (come in Barthes o Baudrillard), ma di analizzare il senso come costruzione funzionale, che nasce da una serie di scelte progettuali e diventa riconoscibile entro un contesto culturale.
In questo quadro, l’oggetto progettato diventa un’unità semiotica complessa, organizzata secondo principi di coerenza interna e destinata a entrare in relazione con una competenza d’uso. La semiotica, dunque, non è esterna all’oggetto, ma ne attraversa la struttura.
Riferimento bibliografico: Michela Deni. Contributions à l’histoire et à la théorie sémiotique du design et du projet : De l’analyse à l’approche prévisionnelle. Sciences de l’information et de la communication. Université de Nîmes, 2015.