La semiosi ermetica, secondo Umberto Eco, si caratterizza per la disponibilità ad accettare qualunque tipo di analogia, anche contraddittoria, purché venga innescato un rapporto tra i termini. L’ermetismo classico, scrive, «accetta qualsiasi criterio di somiglianza, e tutti insieme anche se contraddittori tra loro».
Eco cita, a questo proposito, una lista cinquecentesca tratta da un trattato di mnemotecnica (Thesaurus artificiosae memoriae di Cosma Rosselli) in cui si enumerano ben quattordici criteri diversi per associare immagini e parole: dalla similitudine sostanziale o quantitativa, alla metonimia, fino a tracce fonetiche, omonimie, riferimenti geroglifici o legami del tutto idiolettali. Si può associare «il corvo all’etiope», «l’aquila a Giove», oppure «Arista ad Aristotele», a seconda del contesto e della volontà dell’interprete. Per Eco, il principio è chiaro: «il criterio non conta, purché un qualche rapporto possa essere posto».
Tale libertà produce un effetto interpretativo cruciale: ogni segreto scoperto è, a sua volta, indizio di un altro segreto. Ogni significato è uno slittamento, mai una destinazione. Scrive Eco: «ogni volta che si pensi di aver scoperto un segreto, esso sarà tale solo se rinvia a un altro segreto». La catena non ha fine. Il suo esito è un vuoto: «il segreto ermetico deve essere un segreto vuoto».
Questa struttura implica una spirale infinita e uno scivolamento continuo del senso. Non esiste una verità ultima, ma una retorica dell’infinità. Si arriva così al paradosso per cui, proprio in nome della lotta contro il pensiero causale lineare, il pensiero ermetico instaura una delle più rigide forme di determinismo simbolico.
Eco analizza anche le conseguenze pratiche di questo approccio. L’interpretazione, guidata da analogie arbitrarie, non si arresta mai: «anche l’immagine, il concetto, la verità che si trova sotto il velame della somiglianza, sarà a propria volta spia di un nascondimento successivo». La ricerca non finisce perché non può finire. Il sistema è pensato per rigenerarsi da ogni risposta trovata.
Il semiologo mostra come questa dinamica si accompagni a una serie di fallacie logiche: ad esempio, il ricorso abusivo alla falsa transitività. Se A somiglia a B, e B ha un certo effetto su C, si deduce che A abbia quell’effetto su C. Ma, come spiega Eco, si tratta di un errore. L’esempio scelto è l’orchis, una pianta che presenta due bulbi sferoidali. Nell’ermetismo, questa somiglianza morfologica con i testicoli viene tradotta in analogia funzionale: si ritiene che la pianta abbia effetti afrodisiaci. Ma la biologia mostra che i bulbi dell’orchis servono solo alla crescita stagionale della pianta, non hanno nulla a che fare con la riproduzione.
Un’altra strategia è il post hoc ergo ante hoc: si assume una conseguenza come prova retroattiva della sua causa. La pianta orchis si chiama così perché ha a che fare con i testicoli. In realtà, si chiama così proprio per via della somiglianza, e non perché abbia alcuna funzione connessa. L’etimologia è usata come giustificazione mistica a posteriori, non come analisi storica.
Lo stesso vale, nota Eco, per l’attribuzione del Corpus Hermeticum a una tradizione antichissima. Sebbene contenga dottrine ellenistiche note, si ritiene che sia proprio quel testo ad averle ispirate. Il principio causa-effetto è capovolto: si produce l’illusione ottica che il testo più recente sia la fonte del più antico.
Infine, Eco mette in discussione l’abuso della nozione di testo archetipo. Di fronte a due testi simili, si postula l’esistenza di un terzo testo originario – ma quando non lo si trova, lo si immagina. Il processo si avvolge su sé stesso: «l’eccesso di meraviglia rende indispensabile l’ipotesi del terzo testo», e il terzo testo diventa pura finzione confermativa. Come Eco nota con sarcasmo: «l’effetto ottico è che C abbia influenzato B».
In questo sistema chiuso, l’inferenza non è più metodo, ma rituale. La ricerca del significato diventa una forma di fede. E la fedeltà al segreto sostituisce la prova con l’allusione.
Riferimento bibliografico:
Umberto Eco, La semiosi ermetica e il “paradigma del velame”, in L’idea deforme. Interpretazioni esoteriche di Dante, a cura di Maria Pia Pozzato, Milano, Bompiani, 1989.