Se un sema è per definizione un tratto semantico distintivo in almeno un contesto, possono esistere delle componenti semantiche che non siano distintive in alcun contesto?
François Rastier riconosce che una semantica funzionale non deve, per principio, occuparsi delle componenti non distintive. Tuttavia, se queste esistono, è necessario dimostrare in che modo esse risultino non pertinenti. Rastier prevede due tipi di componenti non distintive: quelle obbligatorie (che si manifestano in ogni occorrenza di un semema) e quelle facoltative.
Affrontando la questione, egli cita Robert Martin, che invita a non confondere sema e componente: «i semi costituiscono un sottoinsieme delle componenti, il sottoinsieme delle componenti distintive». Martin trova esempi di componenti non distintive nella definizione di mansarda riportata nel Dictionnaire du Français Contemporain, dove compaiono tratti come «soffitto molto basso» o «piccola finestra». Alcuni di questi tratti, osserva, non si oppongono ad alcuna alternativa e dunque non definiscono il semema in senso stretto.
Rastier espone il problema in modo chiaro: anche se ammettessimo che il tratto «ricavata dal sottotetto» basti a distinguere mansarda, quale sarebbe lo statuto delle altre componenti, come «soffitto molto basso»? Questi tratti non dovrebbero comparire nella descrizione del semema nella langue, e non sarebbero, strettamente parlando, delle componenti pertinenti. Tuttavia, compaiono nei dizionari perché sono frequentemente associati all’uso della parola.
Rastier aggiunge che i dizionari tengono molto a fornire definizioni precise e dettagliate, anche a costo di introdurre tratti non veramente distintivi. Se si limitassero a repertoriare solo i tratti pertinenti, le definizioni sarebbero molto meno ricche. I dizionari monolingua, in particolare, tendono a dettagliare il referente e a integrare conoscenze di tipo enciclopedico accanto ai tratti definitori.
In questo senso, l’autore suggerisce che nel contesto, il problema si pone diversamente: i tratti non pertinenti obbligatori possono essere considerati come tratti virtuali, attualizzati da un’inferenza.
Riferimento bibliografico: F. Rastier, Semantique interprétative, PUF, Paris 1987, tr. it. di B. Tofoni