Uno degli sviluppi più rilevanti della semiotica contemporanea è l’apertura teorica verso la dimensione affettiva della significazione. Paolo Fabbri sottolinea come questa svolta si inserisca in una trasformazione più generale del paradigma semiotico: da una prospettiva cognitivista e rappresentazionale, orientata alla conoscenza, verso un modello in cui l’azione e la passione assumono centralità.
Già Roland Barthes, nel Piacere del testo, si confrontava con questa esigenza. Egli percepiva una tensione insanabile tra teoria semiotica e affettività. I suoi tentativi di superarla — come in Frammenti di un discorso amoroso — restavano però esterni alla disciplina, e finivano per affidarsi a modelli psicoanalitici (soprattutto lacaniani), che pur nascevano anch’essi in contesto linguistico. Per Fabbri, si trattava ancora di attività interdisciplinari, dove i vari partecipanti non condividevano un linguaggio comune. La sfida, invece, è integrare l’affettività nei termini stessi della semiotica, riscrivendone le categorie.
È in questo quadro che Fabbri propone di privilegiare il termine passione rispetto ad affetto, sentimento o emozione. La ragione non è stilistica ma teorica: la passione, come aveva già intuito Descartes, è il punto di vista di chi riceve un’azione. L’affetto è un effetto. La passione è dunque un modo di osservare l’azione da parte del soggetto che la subisce, un’esperienza trasformativa che modifica lo stato dell’individuo colpito.
Riprendendo il Trattato delle passioni dell’anima, Fabbri ricorda che in Descartes la passione è inseparabile dall’azione, non la sua negazione. Questo approccio, che unisce grammatica e comunicazione, offre alla semiotica un modello operativo per trattare i fenomeni affettivi in modo strutturato e non solo evocativo.
In questa prospettiva, l’azione non è più solo un mezzo per rappresentare il mondo, ma un atto di trasformazione, una interferenza sullo stato delle cose. L’enunciazione stessa diventa un’azione, e i segni sono concepiti come atti capaci di modificare soggetti, oggetti, spazi e tempi. La semiotica, dunque, deve abbandonare l’idea che i segni rappresentino concetti in modo stabile e discreto, per riconoscere che essi agiscono e che i loro effetti sono passioni.
Fabbri parla di una vera e propria passione segnica, rimossa dal paradigma razionalista e cognitivista, ma oggi sempre più centrale. L’atto semiotico è performativo, e comporta effetti sull’altro — cioè passioni. È su questa base che si può parlare di una semiotica patemica, capace di trattare la dimensione emotiva come una struttura complessa, non riducibile a manifestazioni psicologiche o interiezioni espressive.
Questa ridefinizione apre anche la strada a una nuova visione della comunicazione persuasiva: se le passioni sono effetti dell’azione, allora è possibile intervenire sulle passioni modificando le condizioni modali, ritmiche, estesiche e narrative che le configurano. Ed è proprio a queste componenti che Fabbri dedicherà un’analisi sistematica, riorganizzando la descrizione delle passioni secondo un modello teorico compatibile con la semiotica strutturale e testuale.
Riferimento bibliografico: Fabbri, P. (1998). La svolta semiotica. Italia: Laterza.