La semiosi ermetica, così come la descrive Umberto Eco, genera inevitabilmente una “sindrome del segreto” e una “sindrome del complotto”. Si tratta di due corollari strutturali del pensiero ermetico: se tutto è legato da somiglianze occulte, e ogni parola allude ad altro, allora ogni significato è segreto, e ogni oscurità testuale è sospetta.
Eco afferma che, per il razionalismo greco, «conoscere è conoscere attraverso la causa». Una simile concezione presuppone la linearità della catena causale e si regge su alcuni principi fondamentali: identità, non contraddizione, terzo escluso. Ne deriva il modello del modus ponens, alla base del ragionamento deduttivo.
Tuttavia – osserva Eco – la cultura greca stessa ospita un’altra tradizione, legata alla figura simbolica di Hermes, dio ambiguo e metamorfico. Hermes infrange le leggi del principio di identità, dissolve i confini spaziali, viola la linearità temporale. In lui «il dopo precede il prima», e le catene causali «si riavvolgono su se stesse a spirale».
Nel pensiero ermetico, questa tensione si spinge oltre: viene meno la fiducia nel razionalismo, e si cerca la verità non nella spiegazione causale ma nel mistero, nell’allusione, nell’oscurità. Ogni voce della tradizione, anche contraddittoria, viene accolta come portatrice di una verità che si svela solo per allusione. La verità – scrive Eco – «è ciò che non viene detto, o che viene detto in modo oscuro e deve venire capito al di là dell’apparenza e della lettera».
È qui che nasce il paradigma del segreto: la verità è antichissima, dimenticata, tramandata in codici esotici e criptici. Ed è anche qui che nasce il paradigma del complotto: se la verità è stata perduta, «qualcuno deve averla conservata per noi», e qualcun altro l’ha occultata. Di conseguenza, ogni testo diventa un segnale cifrato, ogni interpretazione diventa decifrazione, ogni oscurità un’indicazione di complotto.
Eco ricorda come la fisica contemporanea stessa, in certe condizioni, metta in discussione i principi del razionalismo classico. Ma nel pensiero ermetico questa sfiducia non è puntuale, bensì generalizzata e sistemica.
Un universo in cui “tutto si tiene”, dove ogni parte rimanda a un’altra per somiglianza, genera necessariamente «l’interpretazione infinita» e il sospetto: nulla può essere ciò che sembra. Ogni significato è solo il primo livello di un altro significato da decifrare. Ogni segreto è tale solo se rinvia a un altro segreto, e così via, fino al segreto finale. Ma, precisa Eco, «non ci può essere segreto finale». Il segreto supremo della semiosi ermetica è la sua vacuità: «tutto è segreto».
In questo quadro, il complotto diventa la spiegazione più semplice per le difficoltà dell’esistenza. Eco rinvia alle cosmologie gnostiche, dove il Male è originato da un’entità maligna o ignorante che ha deformato il mondo. Questa struttura di pensiero, trasposta nel campo sociale, genera ciò che Karl Popper ha definito «teoria sociale della cospirazione».
Eco cita Popper: la cospirazione è una forma degenerata di teismo. Dove non si crede più in Dio, «ci si domanda chi ci sia al suo posto», e si finisce per immaginare che «sinistri gruppi di pressione» siano all’origine di ogni male. In un mondo dove tutto è connesso da analogie occulte, la cospirazione diventa inevitabile, e spesso inscalfibile.
Così, osserva Eco con ironia, il pensiero ermetico giunge alla sua «più occulta – ma non per questo meno paventata – delle tirannie causali»: un universo dove “qualcuno trama sempre alle nostre spalle”.
Riferimento bibliografico: Umberto Eco, La semiosi ermetica e il “paradigma del velame”, in L’idea deforme. Interpretazioni esoteriche di Dante, a cura di Maria Pia Pozzato, Milano, Bompiani, 1989.