Eric Landowski si confronta con una delle credenze più radicate nella tradizione semiotica: quella secondo cui solo i testi — e in particolare i testi verbali — sarebbero oggetti legittimi d’analisi. Una posizione che, a suo giudizio, ha ostacolato a lungo il riconoscimento della piena semioticità dell’esperienza sensibile e del mondo naturale.
Secondo questa prospettiva tradizionale, la narrazione sarebbe l’unico prodotto della funzione semiotica, mentre l’esperienza ne sarebbe il referente, situato su un piano presemiotico, sostanziale, opaco e irriducibile al senso. «La narrazione – che, a quanto pare, entra in relazione con il dato originario e lo rende significante – appare chiaramente come l’unico livello della realtà pertinente per l’analisi», osserva Landowski, criticando l’atteggiamento riduttivo di chi limita la semiotica alla sola sfera testuale.
Al contrario, egli rivendica che «il reale nella sua globalità possiede una vocazione a significare» e che, di conseguenza, «il nostro compito è dar conto del modo in cui l’insieme degli elementi che ci circondano produca senso attraverso l’esperienza diretta e immediata che ne abbiamo». In questa visione ampliata, ogni oggetto, persona, ambiente e configurazione sensibile con cui entriamo in contatto costituisce parte di un «universo semiotico» che ci coinvolge continuamente.
Landowski cita Greimas, ricordando come sin dalla Semantica strutturale si fosse parlato di una «situazione dell’uomo» immersa in una totalità semiotica. Eppure, aggiunge con una punta di polemica, il famoso motto greimasiano — «fuor dal testo non v’è salvezza!» — ha finito per produrre effetti conservatori. Sebbene questa espressione volesse prendere le distanze dalle interpretazioni ideologiche o biografistiche dei testi, la sua ricezione ha avuto l’effetto di ridurre il campo semiotico a un’isola testuale, lasciando fuori una «zona indistinta e sterminata» percepita come extra-semiotica.
Eppure oggi, ricorda l’autore, numerosi semiologi analizzano oggetti «non testuali», dimostrando che è possibile servirsi degli strumenti della semiotica anche per studiare comportamenti, spazi, interazioni e fenomeni sensibili. A questo punto, la domanda decisiva diventa: fin dove può estendersi il campo della semiotica? In base a quali criteri si possono identificare gli oggetti che vi rientrano?
Landowski risponde che la «semioticità» di un oggetto dipende dallo «sguardo» che vi si proietta. Tuttavia, precisa subito che questo sguardo non è mai stabile: nella nostra stessa vita alterniamo continuamente due modi di guardare il mondo e farlo significare, due regimi — quello della lettura e quello della presa — che implicano una diversa modalità di essere al mondo.
Con un esempio concreto, Landowski mostra come questa alternanza sia esperibile nella nostra quotidianità: quando conversiamo con qualcuno, il tono e le inflessioni della sua voce possono armonizzarsi con il contenuto del discorso, e ciò che percepiamo sul piano sensibile rafforza la significazione discorsiva. Ma l’autore sottolinea che non sempre vi è armonia: ci sono anche situazioni in cui il senso che sperimentiamo nel vissuto anticipa o disorienta la significazione, oppure in cui attribuiamo alle modulazioni espressive un significato narrativo che le inchioda a un programma.
In ogni caso, ciò che importa è riconoscere che anche gli oggetti empirici — inclusi i testi — possono essere soggetti a entrambi i regimi. Persino un libro, osserva Landowski, non è solo un testo da leggere, ma anche un oggetto dotato di qualità sensibili che partecipano alla produzione di senso. Un romanzo riletto in edizione tascabile, con una diversa carta e una nuova impaginazione, può generare un’esperienza del tutto diversa, anche se le parole sono le stesse.
Questa coesistenza e interferenza tra i due regimi — tra senso sentito e senso letto, tra vissuto ed enunciazione — rende possibile una comprensione più ampia dei processi di significazione, e invita a superare l’opposizione fra il semiotico e il sensibile.
Riferimento bibliografico: Eric Landowski, Unità del senso, pluralità di regimi.