In alternativa all’approccio che classifica i fenomeni semiotici in base alle sostanze espressive — e che concentra l’analisi sulla definizione di “linguaggi specifici” e delle rispettive unità minime — Calabrese propone di riprendere i concetti hjelmsleviani relativi ai modi di esistenza semiotica, secondo l’interpretazione offerta da Greimas.
Hjelmslev distingue due modi fondamentali di rapporto tra le grandezze del piano dell’espressione e quelle del piano del contenuto. Il primo è detto modo simbolico e si caratterizza per conformità e isomorfismo fra i due piani: vi sono unità indivisibili sul piano dell’espressione che corrispondono ad altrettante unità sul piano del contenuto. L’esempio proposto è quello del semaforo: tre luci colorate (verde, giallo, rosso) corrispondono a tre significati (“passare”, “attenzione”, “star fermi”).
Il secondo è il modo semiotico, che si fonda invece su non conformità e non isomorfismo. In questo caso, le unità espressive non sono automaticamente associate a unità di contenuto e le due grandezze differiscono. Nella lingua naturale, ad esempio, la parola “cane” è composta da quattro unità sul piano fonetico (/k/, /a/, /n/, /e/), ma da tre unità semiche sul piano del contenuto. Inoltre, la scomposizione in unità fonetiche non coincide con quella in unità semiche.
Greimas ipotizza l’esistenza di un terzo modo, che definisce modo semi-simbolico. In questo caso, i due piani non sono costituiti da unità stabili, ma da categorie, ognuna delle quali può essere eventualmente (ma non necessariamente) scomposta in unità ulteriori. Le unità eventualmente presenti non sono isomorfe, ma le categorie sì: a x categorie del piano dell’espressione corrispondono x categorie del piano del contenuto.
Questo concetto, secondo Calabrese, si rivela utile per almeno tre motivi.
Primo, consente di sospendere la ricerca di unità minime per ogni “sistema specifico” riferito a singole sostanze, permettendo comunque l’analisi anche in assenza di fondamenti certi.
Secondo, preserva la possibilità dell’analisi semiotica strutturale, basandosi sull’evidenza che in qualunque manifestazione si possono rinvenire effetti di senso.
Terzo, consente di considerare il testo individuale come un sistema, valorizzando le sue macro-strutture e le sue connessioni interne, senza costringerlo a dipendere da un sistema più generale.
La nozione di modo semi-simbolico si rivela quindi particolarmente adatta per analizzare testi ad alta singolarità e complessità, come quelli visivi, politici o mitici, caratterizzati dalla costruzione di una figuratività peculiare.
Riferimento bibliografico:
Omar Calabrese, Il semi-simbolico, in Lezioni di semisimbolico, Protagon, Siena 2000, pp. 7–16.