Nel panorama contemporaneo delle scienze umane, la semiotica si trova in una condizione critica. Pur avendo attraversato una fase di espansione come metodologia trasversale per l’analisi dei fenomeni di significazione, essa appare oggi segnata da un’evidente dispersione teorica. Le pratiche che si riconoscono sotto il nome di “semiotiche” si muovono in direzioni molteplici: alcune si rivolgono alla storia della filosofia del segno, altre si concentrano sulla costruzione di metalinguaggi sofisticati, altre ancora adottano prospettive decostruttive o si confrontano con campi come la psicologia, l’etologia, l’antropologia e la sociologia della comunicazione.
Di fronte a questa molteplicità, diventa difficile individuare un problema unificante che consenta di definire l’identità della disciplina. E tuttavia, secondo Francesco Marsciani, proprio questa difficoltà può essere assunta come il punto di partenza di una riflessione teorica: non per stabilire una sistemazione definitiva, ma per interrogare le condizioni di possibilità della semiotica stessa.
L’interrogazione riguarda la razionalità che sostiene la pratica teorica del semiologo. Si tratta di chiedersi quale tipo di razionalità sia all’opera in una disciplina che prende come oggetto un fenomeno instabile e irriducibile come il senso. Questa razionalità, afferma Marsciani, non si fonda su un dato esterno, non si legittima per corrispondenza empirica, ma si costituisce all’interno stesso della pratica teorica, come forma situata e operativa.
È su questo punto che si apre la prospettiva filosofica del discorso. La semiotica, in quanto sapere autoriflessivo che non dispone di un fondamento ontologico esterno, assume una posizione che Marsciani definisce archeologica piuttosto che fondazionale. Invece di cercare una base assoluta, essa mira a chiarire le motivazioni interne che rendono possibile la sua esistenza come forma di sapere.
Questo chiarimento riguarda, in primo luogo, la paradossalità dell’oggetto semiotico: il senso non è un oggetto disponibile da descrivere, ma un processo che si costruisce nel momento stesso in cui si tenta di descriverlo. Di conseguenza, ogni discorso teorico sulla significazione comporta una tensione costitutiva tra l’atto descrittivo e l’oggetto descritto.
Marsciani assume questa tensione come punto di partenza per ripensare la legittimità della semiotica. Non si tratta di superare la crisi attraverso una nuova sistematizzazione, ma di riconoscere che la crisi stessa è ciò che caratterizza la posizione teorica della disciplina. La semiotica, in questa prospettiva, non è un sapere chiuso, ma un luogo problematico, attraversato da interrogazioni sulla propria possibilità e sul proprio statuto.
Riferimento bibliografico: Francesco Marsciani, Ricerche intorno alla razionalità semiotica