Tra le intuizioni più originali contenute nel saggio di Paolo Fabbri del 1973*, Federico Montanari individua quella che Fabbri chiama “dispatching concettuale”. Il termine, derivato dalla cibernetica e dalle teorie dell’informazione, indica un’operazione di distribuzione, smistamento e connessione: un concetto che, a distanza di decenni, appare non solo attuale ma quasi profetico.
Per Fabbri, la semiotica non si limita ad analizzare i segni e i testi: essa mobilita, ristruttura, riconnette. Il dispatching diventa così una funzione teorico-operativa: non semplice trasmissione di messaggi, ma redistribuzione concettuale, capace di creare ponti fra concetti, metodi, discipline. Oggi questa idea si rivela particolarmente efficace per pensare la cultura come una rete logistica, dove la circolazione dei segni si intreccia con quella dei beni e delle informazioni.
Montanari estende questa intuizione al panorama attuale della platform society, dove il dispatching è diventato un modello dominante: hub logistici, megamacchine di smistamento, algoritmi di sorting governano la distribuzione di merci, dati, messaggi. Tuttavia, sottolinea, Fabbri avrebbe diffidato della tendenza a “reificare” questi concetti. La sua prospettiva non è ontologica, ma euristica e operativa. Lo studio della logistica serve non a sostanzializzare, ma a estrarre modelli e categorie per pensare il funzionamento dei sistemi semiotici.
Nel contesto contemporaneo, questa riflessione si collega alla sfida di elaborare una epi-semiotica: una semiotica che sia al tempo stesso epistemologia delle scienze sociali e semiotica emergente, capace di instaurare nuovi dialoghi teorici e operativi. Montanari propone di pensare a una “trading zone” disciplinare, dove concetti e pratiche circolino come merci in un mercato teorico aperto allo scambio.
Un esempio suggestivo di questo scambio è la riapertura del concetto di informazione. Storicamente, la semiotica ne ha evidenziato i limiti, opponendo la propria articolazione biplanare del senso (espressione/contenuto) ai modelli trasmissivi. Tuttavia, Fabbri stesso, in un’intervista recente citata da Montanari, ha riconosciuto che oggi le scienze biologiche e quelle della comunicazione lavorano spesso su modelli condivisi, come le reti distribuite o le strutture narrative. Le dinamiche virali della pandemia e quelle dell’informazione online sembrano convergere, offrendo alla semiotica l’occasione per una nuova mediazione concettuale.
Montanari conclude che l’eredità di Fabbri è tanto teorica quanto pratica: non basta osservare, bisogna intervenire. L’“ars interveniendi” diventa una sfida epistemologica: come costruire modelli che non siano semplici strumenti di analisi, ma veri dispositivi operativi, in grado di anticipare, modificare, ridistribuire senso nella complessità del presente.
* Le comunicazioni di massa in Italia: sguardo semiotico e malocchio della sociologia
Riferimento bibliografico: Federico Montanari, La semiotica e le “altre”, in «Versus», n. 133, 2/2021, pp. 273-284.