Valentina Pisanty individua nel Trattato di semiotica generale una tensione profonda tra due principi teorici: interpretanza e immanenza. Una coesistenza problematica che, secondo la studiosa, continua a sollevare interrogativi decisivi per la teoria e la pratica dell’analisi testuale.
Per descrivere questa tensione, Pisanty ricorre alla metafora della figura ambigua: «il vaso e i due profili». Chi legge il Trattato, osserva, finisce per scegliere uno sfondo e una figura, decidendo di «vedere Hjelmslev sullo sfondo di Peirce, o Peirce sullo sfondo di Hjelmslev». In altri termini, si orienta verso l’una o l’altra delle due anime che convivono nel testo, in base alla propria disposizione interpretativa. Ma questa scelta, seppur necessaria, non elimina il conflitto latente tra i due modelli.
L’alternativa, proposta in forma di domanda, è se questa coesistenza tra matrici logiche incompatibili — interpretanza e immanenza — funzioni come una figura ambigua (che impone un’alternanza percettiva) oppure come una bisociazione produttiva. In quest’ultimo scenario, i due schemi potrebbero risultare compatibili, anche se in tensione.
Secondo Pisanty, la risposta a questa domanda ha ricadute teoriche importanti. Se si assume il principio dell’immanenza, il testo viene concepito come una totalità coerente che contiene in sé virtualmente i propri significati. Al contrario, il principio dell’interpretanza implica che il testo sia un sistema di vincoli che orienta, ma non determina, l’interpretazione: un campo aperto, costruito ogni volta dall’interprete.
Non si tratta soltanto di una distinzione filosofica. Questa divergenza incide anche sulla pratica dell’analisi testuale. Pisanty lo dimostra richiamando un confronto — avvenuto con Maria Pia Pozzato — tra diverse analisi applicate a un corpus comune: a seconda del principio assunto, l’interpretazione cambia radicalmente direzione.
L’eredità del Trattato, dunque, non è quella di un edificio teorico pacificato. Al contrario, la sua forza — ancora oggi — risiede nel mantenere viva una tensione tra due matrici teoriche, che non si lasciano facilmente riconciliare. E proprio questa difficoltà, conclude Pisanty, è ciò che rende il testo ancora teoricamente fecondo e degno di rilettura.
Fonte: Valentina Pisanty, Tavola rotonda sull’eredità del “Trattato di semiotica generale” di Umberto Eco, organizzata in occasione del XXXIV congresso dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici (AISS) nel 2006.